Ipnotica presentazione del web 2.0, via Maestrini per caso.
Archivi autore: zuck
ZenaCamp
Belìn, figgiou! Ghe u zenacamp!
Cussulé u zenacamp? U l’è u Barcamp di zeneixi! Pin de pestu, baxeico e fugassa!
Cussulè u barcamp? De legère vegnan a dì belinate dau matìn e fin au depuidirnà .
Ghe sta anche na regula: se ti vo sta a sentì e belinate, ti devi dì de belinate.
NoCamp
Ecco uno splendido scorcio di Vercelli, piazza Cavour, luogo del NoCamp, il BarCamp più non-partecipato del mondo. A breve, post riassuntivi dei blogger che non hanno partecipato, non-servizi sui più importanti quotidiani e sulle reti nazionali.
A proposito, buon compleanno a Matteo e Luca e buon non-compleanno a tutti gli altri!
IceWeasel
Da un paio di settimane, non uso più FireFox, bensì IceWeasel. Da una volpe di fuoco (o Panda minore) ad un ermellino ghiacciato, per gentile concessione della querelle Debian-Mozilla.
Mappa o non mappa
Tony Siino fa un passo avanti nell’analisi della blogsfera italiana iniziata da Blogitalia e continuata dalla mappa di Blogbabel. In questo interessantissimo post pone le basi per una seria analisi statistica dell’oggetto. Consiglio a tutti di leggerlo, è chiaro anche se gli argomenti possono essere un pochino ostici.
Di seguito le mie considerazioni.
Prima di tutto bisogna stabilire qual è l’oggetto del nostro indagare, e già a questo punto le divergenze tra le varie posizioni sono abbastanza marcate.
Possiamo identificarne alcune, secondo cui l’oggetto potrebbe essere:
- Nessuno si senta escluso: posizione a cui si può annoverare Blogitalia, che aspira a totalizzare e raggiungere quanti più blog, senza apportare giudizi di merito.
- La grande discussione globale: posizione a cui si può condurre Blogbabel, che investiga e premia i blog che generano discussioni o le portano avanti.
- Solo i blog di qualità : tutte quelle selezioni che si pongono di classificare i blog che abbiano qualità , evidenziandoli rispetto al mare magnum della blogsfera, molto spesso disprezzato, un esempio potrebbe essere quello dei Macchianera Awards.
Schematicamente, i tre approcci si differenziano per la definizione via via sempre più escludente che danno dell’oggetto blog. Si parte dal blog è chi si definisce blog del primo a blog è quello che dico io e più non dimandare dell’ultimo.
Tutti hanno ragione e torto allo stesso tempo, secondo me. Basta stabilire lo scopo della nostra indagine: cosa vogliamo approfondire? Se si ha chiaro questo punto, ciascun tipo di analisi avrà una sua validità .
Il metodo di indagine che propone Tony, una sorta di mappatura network based bilanciata per tenere conto del fatto che il campione non è casuale, è molto interessante, anche se, come lui stesso ammette, potrebbe non portare a conclusioni statisticamente probanti. Di certo, un tentativo di questo genere va fatto.
Avendo chiari gli obbiettivi, naturalmente.
BÃ don e Zuck contro il web 2.0
È un terso pomeriggio di Gennaio, questa domenica in cui la Zuck’s family si reca ad un battesimo in quel di Boccadasse. La cerimonia è breve e tutti si precipitano al rinfresco, nei locali adiacenti alla chiesa.
Dopo un po’, Zuck e Badòn, stanchi della confusione, decidono di uscire un paio di minuti per guardare il mare. Mentre sono intenti a vedere dall’alto le onde infrangersi sulla scogliera, vedono un ragazzo a terra, una decina di metri sotto.
“Aiuto! Liberatemi!” – grida il tipo, chiaramente legato mani e piedi.
Zuck nota subito che intorno a lui ci sono degli altri ragazzini, di una quindicina d’anni come il supplicante, che lo prendono in giro e lo riprendono con i loro telefonini. La gente intorno non interviene, vuoi perché capisce che è solo uno scherzo da ragazzini, vuoi perché si sarebbe fatta i fatti propri anche se il problema fosse stato reale.
Fatto sta che passano un paio di minuti in cui il ragazzo continua a dibattersi, legato per terra, e a gridare. I suoi amici, una dozzina di finti aguzzini, lo filmano con il loro telefonino. Zuck pensa che fra un paio di giorni il video sarà su Google o YouTube e sarà una sarabanda di commenti su come il web 2.0 abbia portato le giovani menti alla perdizione. Pensa anche a quando, una notte, lui e dei suoi amici avevano rapato a zero uno del gruppo, al buio. Il risultato, la mattina dopo, era veramente notevole, ma a quei tempi non c’erano videocamere sui telefonini, forse perché non c’erano neanche i telefonini.
Senonché il piccolo Badòn non è avvezzo a tali finezze, e si gira verso l’amorevole padre:
“Perché non lo slegano?” – fa, tirando con insistenza la mano di Zuck.
Zuck guarda negli occhi il caro figlio e capisce: bisogna mettersi in azione. Insieme scendono la scalinata e raggiungono il malcapitato. Cominciano a slegarlo, mentre il gruppo degli amici si avvicina, chi scalciando per finta la vittima, chi adducendo scuse fantasiose (“Ci deve dei soldi”) per la singolare punizione. Alla fine dell’operazione, il liberato si lancia in grandi ringraziamenti, mentre i suoi amici si precipitano ad affermare che era solo uno scherzo.
“Tu” – rivolto all’ex prigioniero – “devi ringraziare solo il piccolo Badòn, che mi ha convinto a venire fin quaggiù a liberarti, mentre voi” – perdendo il proprio proverbiale aplòmb – “siete solo dei coglioni”
Quindi, se in questi giorni vedete un filmato in rete con un tipo con il cappotto e un bambino con il berretto rosso che liberano eroicamente un ragazzino dalla furia del branco, non fatevi suggestionare, è solo una delle mille conseguenze del web 2.0.
Sto con la band
Pamela Des Barres è stata una delle groupie più famose dell’era d’oro del rock, tra sessanta e settanta. Il suo primo libro, Sto con la band, edizioni Castelvecchi, scritto quasi vent’anni fa, parla proprio della sua vita in quel periodo.
Pamela è una ragazzina californiana invaghita degli idoli del rock che riesce ad inserirsi nell’ambiente sfruttando la propria intraprendenza, disibinizione e bellezza.
Comincia con Captain Beefheart che le fa conoscere Frank Zappa, che sarà sempre il suo mentore, oltre all’ideatore del complesso musicale di sole groupies, le GTOs (Girls Together Outrageously).
Poi si catapulta nel bel mezzo della scena californiana, avendo rapporti con Jim Morrison dei Doors, Gram Parsons e Chris Hillman dei Byrds e dei Flying Burrito Brothers.
Anche i gruppi inglesi che arrivano in California fanno la sua conoscenza, in particolare Ray Davies dei Kinks, Keith Moon degli Who, Mick Jagger, Charlie Watts dei Rolling Stones, Noel Redding e Jimi Hendrix degli Experience e Robert Plant e soprattutto Jimmy Page dei Led Zeppelin.
Infine, Pamela trova una certa stabilità sentimentale accanto a Don Johnson e poi, quando lui la pianta per una giovanissima Melanie Griffith, con Michael Des Barres.
Il libro parla di tutte queste avventure, di sesso vissuto in modo molto libero e gioioso, in una sorta di do ut des in cui il corpo e l’adorazione incondizionata viene scambiata con la partecipazione, sia pure di sbieco, a quell’epoca di rinascimento e fermento musicale.
Il mio giudizio sul libro, visto che qualcuno è tanto avventato da chiedermelo, non è positivo. Nella smania di far passare tutto quel sesso come gioia e reciproco godimento senza ferite, la Des Barres perde per strada quello che, secondo me, è il vero punto focale di quell’epoca: la drammaticità dellla contrapposizione tra ideali gioiosi e realtà funesta.
Jimi Hendrix muore nel proprio vomito, come pure John Bonham, e viene liquidato in due righe, Jim Morrison va fuori di testa per non tornare mai più e si dice in sostanza ‘Beh, era diventato un pochino strano e faceva paura a chi gli stava vicino’. Muoiono Gram Parsons, Lowell George, Brian Jones, qualche altro come David Crosby e Keith Moon, diventa ingestibile e autodistruttivo e Pamela continua a girovagare da un backstage ad un altro con un sorriso e una gioia infantile.
A questo punto mi viene da pensare che non ci fosse gran differenza tra loro e le tanto vituperate veline attuali, a parte il fatto, forse non trascurabile, che le groupies erano messe ai margini dalla società del periodo e non fatte un modello da imitare.
Insomma, se si vuole capire un’epoca importante nella formazione del nostro immaginario, forse è meglio rivolgersi a libri come quello di David Hajdu. Mentre, se si vuol vedere quanto molti partecipanti non l’avessero compresa (e non l’hanno capita ancora adesso, forse), si può leggere il libro della Des Barres.
Cos’è un blog?
Cosa sono i blog, mi chiedi? E perché sono così importanti?
Perché nei blog c’è l’uomo.
E dall’umanità tutta insieme nasce il progresso, non solo dalle menti degli eletti.
E perché mai dovresti aprire un blog?
Prima dei blog, dovevi andare, con la tua cassetta sottobraccio, fino a Londra, allo speakers’ corner, aspettare il tuo turno e dire la tua.
Oppure, dissipare metà del tuo magro stipendio sdraiato su un comodo lettino a raccontare la tua vita ad uno che, fingendo di prendere appunti, pensava alle rate per il suo yacht.
O ancora, diffondere via posta magazine ciclostilati su carta riciclata per i fan di dark metal pop trash underground rock ucraino.
O mandare le tue poesie alla casa editrice che le avrebbe pubblicate solo in cambio dell’acquisto da parte tua dell’intera tiratura.
O inviare puntualissime lettere al direttore del quotidiano che compravi solo per vedere il tuo nomecognome scritto sulle pagine odorose di stampa fresca.
O vergare pagine su pagine, con la penna preferita, del tuo diario segreto, sperando che qualcuno le scoprisse e, ammaliato dal sentimento trasudante, le diffondesse al mondo.
O stressare il tuo gruppo di amici su quanto sia figo il cinema bulgaro di derivazione lapponica.
O mettere annunci sulle ultime pagine di periodici equivoci alla ricerca dell’anima gemella che condividesse con te il feticismo della cistifellea.
Adesso no, puoi fare tutto questo con il tuo blog! Senza chiedere niente a nessuno!
Bello, mi dirai tu, e con questo?
Bello, ti rispondo io, è proprio questo il punto: dall’unione di milioni di patologici insoddisfatti escono le idee, i pensieri e financo (financo?) le verità sul mondo.
È quello che chiamiamo progresso, bellezza.