GB84

Il 1984 è l’anno dell’ultima guerra civile inglese.
Che questa affermazione stupisca voi come aveva stupito me prima di leggere GB84 di David Peace è la dimostrazione di come i mezzi di informazione, dovutamente addomesticati, possano insabbiare uno degli avvenimenti più importanti degli anni ottanta (un esempio su tutti, se in Gran Bretagna non esiste uno legge compiuta sul diritto di sciopero lo si deve a quello che accadde in quell’anno). GB84
Per un anno intero si fronteggiarono il sindacato dei minatori inglesi (NUM), appoggiato anche da altri sindacati, e la commissione nazionale del carbone (NCB), appoggiata dal governo della Thatcher, nel più lungo e sanguinoso sciopero che dilaniò il tessuto sociale di intere regioni inglesi. Tra cui lo Yorkshire, patria dell’autore.
Cos’è questo romanzo? È la storia dello sciopero vissuto da Peter e Martin e dalle loro famiglie? Fantapolitica sulle mosse, quasi sempre oltre il limite della legalità di NCB e NUM per aver la meglio uno sull’altro? La storia degli scontri sanguinosi che culminarono nella battaglia di Orgreave? Un thriller sanguinoso sui loschi figuri che torturano e uccidono, favoriti dai servizi segreti? La storia delle ruberie dei fondi destinati ai minatori da parte di alcuni membri del sindacato? Il duello tra il Presidente (Arthur Scargill, lo Stalin dello Yorkshire) con i suoi picchetti volanti per bloccare l’attività di quante più miniere possibili, e l’Ebreo, abile manipolatore dei media?
Beh, è tutto questo, e anche qualcosina in più.
E adesso mi vado a leggere i romanzi del Red Riding Quartet.

Addio Syd

Non per fare il polemico ad ogni costo, dottore, ma quanti hanno scritto parole commoventi sul loro blog sulla morte di Syd Barrett ricordano una sua canzone? Non dico nelle versioni Ummagummiche e posteriori dei Pink Floyd post-syd, dico una canzone da The piper at the gates of Dawn.The piper at the gates of dawn
Secondo me pochi pochi pochi.
Questo perché Il primo disco dei Pink Floyd e l’unico, o quasi, con Syd vivo e vegeto e non vegetale, è un disco difficile, lontano anni luce dalla soft musica intellettual-sottofondo da baccaglio che hanno prodotto i suoi compari all’apice del successo. Lontana anni luce nel senso che, mentre la musica dei Pink Floyd anni settanta si libra tre metri sopra il cielo (in certi casi con la profondità dell’omonimo romanzo) per psicoanalizzare il bassista, le composizioni su The piper stanno in una galassia lontana, a flirtare con una supernova e un sole morente (purtroppo ci stava anche la mente di Syd e non è più riuscito a tornare) per poi tornare fugacemente sulla terra per farsi un giro su una bici, parlando di gnomi e spaventapasseri.
Per fare un esempio, in modo che anche lei dottore possa capire, se io, imberbe teenager, avessi invitato una squinzia in camera mia, e, spenta la luce, avessi messo The dark side of the moon sul piatto, sarei potuto passare per l’intellettuale olofonico che poteva cedere ai piaceri della carne. Se invece avessi messo The piper at the gates of dawn sarei passato per un pazzo appassionato di satanismo con una vena bambinesca che cercava di stuprarla.

Comunque, addio Syd.

I padroni della notte

I padroni della notte di Trevor Hoyle è la storia di Kenny, adolescente che vive nel quartiere di Ashfield Valley a Rochdale cittadina industriale nei dintorni di ManchesteI padroni della notter. Attraverso Kenny, l’autore ci dà uno splendido spaccato della vita del sottoproletariato urbano inglese. Violenza, birra, droga e soprattutto odio per tutti, dai vecchi agli immigrati. Ma, nonostante il comportamento del protagonista raggiunga abissi impensabili, l’autore, nonostante il suo stile asciutto, porta il lettore a provare empatia con Kenny.
Il ragazzo è sicuramente colpevole ma anche vittima di una società opprimente, fin dalla struttura del quartiere, costruito sul finire dei sessanta con concetti da alveare, come viene descritto con precisione da Hoyle nel primo capitolo del libro.
Un libro verità che, pur scritto nel 1975, ci insegna moltissimo sulla società odierna.

Il dio della scopata

scopataC’è chi parte alla ricerca di se stesso, chi del santo graal, chi del codice Da Vinci e chi, più prosaicamente, del dio della scopata. È questo che fa il protagonista giornalista del romanzo omonimo, scritto di getto in una settimana da Ben Myers. E il dio della scopata è una pop star, modellata su Marilyn Manson, equivoca e provocatoria, che vive misteriosamente appartato e sconvolge il mondo dei benpensanti. Ma, come in tutte le quest che si rispettino, l’importante non è raggiungere la meta, ma il cammino stesso.
Un bel romanzo, ironico, paradossale e sconclusionato, un ottimo esempio di Gonzo journalism, con lo spirito di Hunter S Thompson che scruta e annuisce da lassù.

Sogni di sesso e stage diving

Sogni di sesso e stage divingElfish, protagonista di Sogni di sesso e stage diving di Martin Millar, è una squatter londinese egoista (S-Elfish?) e lercissima.
Per ottenere di poter chiamare il proprio gruppo musicale Queen Mab deve imparare a memoria e recitare davanti ad una  folta platea il monologo scespiriano della Regina Mab da Romeo e Giulietta. Per raggiungere i suoi scopi Elfish mente, ruba, inganna e sfrutta i sogni frustrati dei componenti del sottobosco suburbano che le ruota attorno. Ma, magicamente, ogni cattiva azione della ragazza si tramuta in un beneficio per chi la subisce. E così, si arriva alla fatidica sera del monologo.
Che, cari i miei venticinque dottori, non vi rivelerò se andrà a buon fine.
Vi basti sapere che, se vi piacciono le fiabe con protagonisti che non si lavano (Shrek?), si ubriacano e fanno sesso in configurazioni variabili (?), questo è il romanzo che fa per voi.
Se, come il vostro qui presente, siete un pochino cresciuti per le favole e siete una punta schizzinosi, non fatevi ingannare dallo strillo di copertina che riporta una frase di nientepopodimenoché Jonathan Coe.

Dies Irae

Dies Irae di Giuseppe Genna è un romanzo fiume che descrive l’italia degli ultimi veCopertina Dies Iraenticinque anni attraverso le storie intrecciate di Paola, una squatter dai traumi irrisolti, Monica, una figlia di papà e moglie di dirigente Mediaset e dello stesso Genna, che si descrive come uno squinternato che passa da  occupare abusivamente un appartamento a essere in missione per i servizi segreti.
La prima parte. che descrive la tragedia di Vermicino come punto di partenza dell’Italia attuale è veramente tesa e agghiacciante. Ma, purtroppo, superate le trecento pagine (di settecento e più che lo compongono), il romanzo diventa noioso e ritrito. L’idea di fare uno spaghetti Underworld non era peregrina, ma Genna non pare possedere le qualità di De Lillo. Il complotto che regge tutta la trama lo si capisce dopo le prime cento pagine ed il resto…
Il resto, per il mio modesto parere, dottori, è stato un saltare paragrafi per arrivare alle fine.
Inoltre, la storia è inframezzata da capitoli di un ipotetico romanzo di fantascienza che Genna dice di aver scritto durante tutti questi venticinque anni e che non pubblicherà mai.
Beh, non ne sentirò la mancanza.

Grazie a Poldo che mi ha prestato il libro.

Rock trip

Rock trip (Powder) è un romanzo di Kevin Sampson, giornalista freelance ed ex manager di indie band (The Farm).copljc
Proprio per questo la storia dell’ascesa e caduta del gruppo rock The Grams è resa con vivida precisione.
Il libro narra, appunto, la storia della formazione composta da Keva, cantante e leader, da James Love, pseudonimo quanto mai azzeccato del chitarrista, dal batterista Beano e dal bassista Tony Snow, amici inseparabili, del loro manager Wheezer e del loro produttore Guy deBurret.
Sesso, droga e Rock’n’roll, ma non solo, anche paranoie, paura di invecchiare, idealismo e voglia di mollare tutto. Una buona lettura, non molto impegnativa, che illustra con veridicità cosa può agitarsi nella mente, nei pantaloni e su per le narici di un gruppo di ragazzi lanciati verso la fama.
La prima parte è coinvolgente nel suo tratteggiare tutti i personaggi, mentre la seconda mi è sembrata un po’ tirata per i capelli. In definitiva, come la band di cui descrive la parabola, il libro inizia con le premesse per fare il botto e poi fa un mezzo flop.

Belin, che legère!

Dottori, ieri sera alle 18 c’era la presentazione di ‘Hanno ucciso Bocca di rosa‘, romanzo a tre mani scritto da una posse che si è autobattezzata ‘Le Legère’. Il romanzo, edito da Chinaski Edizioni, è una feroce satira che prende spunto dagli stilemi (i carruggi, il pesto, il mare, il genoa, DeAndrè, le prostitute) consolidati della scuola genovese del giallo, entità nata negli ultimi anni attorno ad un gruppo di giallisti ed editori della nostra città.
Ma la satira, dottori miei, coinvolge tutta la città ed il suo ostinato guardarsi l’ombelico, intanto qui ci sono i più grandi cantautori, i più grandi comici, la squadra più antica d’Italia e il pesto, poi, e la focaccia. e persino lo stoccafisso!Hanno ucciso Bocca di Rosa
La presentazione è stata esilarante con i tre autori che interpretavano i tre protagonisti del libro, leggendone diversi brani in prima persona, intervallati da un chitarrista (di cui il vostro Zuck non ricorda colpevolmente il nome) che proponeva dolenti pezzi di De André.
Il libro narra le vicende di tre genovesi che vengono coinvolti nell’omicidio di una prostituta (da qui il titolo):
Fabrizio Sciaccaluga è il tipico genovese fiero della sua città: accento strascicato, fede genoana incrollabile, divoratore di focaccia, comunista e colpito da irrefrenabile saudade appena passa il Turchino.
Giobatta Perasso è il suo amico, ma è l’opposto di lui. Odia la città e vorrebbe bruciarla tutta. Odia soprattutto questo nuovo orgoglio di essere Genovesi che si manifesta con le magliette con le scritte in dialetto (lui ne porta equivalenti con scritto Fuck Luigi Ferraris) e i long drinks al basilico serviti nei locali più ‘in’.
Antonio Gramsci Parodi, nonostante il nome, è un figlio di emigrati e fascista. Anche mezzo camorrista e sampdoriano (che le cose siano legate, dottori?). Esegue regolamenti di conti per il suo boss e ha un passato oscuro da cui fuggire.
I tre si trovano incolpati dell’omicidio della prostituta ‘Bocca di Rosa’ e dovranno togliersi da questo guaio, scoprendo la verità in un crescendo tarantiniano di sangue e sarcasmo.
Il vostro caro Zuck, come potete immaginare, si è divertito assai alla presentazione, ed ha comprato il libro, che leggerà quanto prima. Speriamo solo che mantenga quello che promette nelle prime pagine, dove ci sono le presentazioni dei tre personaggi, che sono esilaranti.
Consigliato a tutti gli appassionati di gialli genovesi e a tutti i foresti che vogliano tentare di capire la nostra mentalità.
Perché, in fondo, noi zeneizi siamo un po’ tutti delle legére.