Rio è il nuovo romanzo di Leonardo Colombati. Confronto a Perceber, che era assorbiva il lettore (e l’autore, penso) in una storia enciclopedica con infinite biforcazioni, questo è un romanzo “normale”. E a me, è piaciuto molto di più.
La storia è quella di un giovane romano che affronta a Londra uno dei punti di svolta di quella che potrebbe essere una brillante carriera, ma si fa affascinare da un vecchio scrittore conosciuto nell’atmosfera torbida di un club per nudisti: il Rio Center.
A tratti esilarante, a tratti riflessivo, a tratti psichedelico con una goccia di thriller e di follia. Il tutto condito con riferimenti musicali (un esempio è spiegato in roiordie) di grande effetto.
Un parallelo si potrebbe fare con Perduto per sempre di Roberto Moroni, per come descrive i thirty something di oggi, sempre schiacciati da figure paterne ingombranti. Padri di successo, ossessionati dalle donne, ma sempre disprezzati dai figli.
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Gli anni della mia pubertÃ
Il dio che due decenni prima s’era atomizzato sulla Gioventù Bellissima e scopereccia che a S.Tropez sventolava la bandiera nera dei pirati, a Parigi quella rossa di Mao Tse Tung e a Rimini quella gialla di Pettenati, proprio nei primi anni della mia pubertà aveva deciso di incidere sulle Tavole un nuovo comandamento ad uso e consumo dell’universo femminile: DIMENTICATEVI LA FICA.
Leonardo Colombati – Rio
Rabbia
Le dissi: guardalo dalla prospettiva darwiniana. La rabbia serve a renderti efficiente. Questa è la sua funzione per la sopravvivenza. Ecco perché ti è stata data. Se ti rende inefficiente, mollala come una patata bollente.
Philip Roth – Ho sposato un comunista
L’Italia spensierata
Dentro di me c’è un germe di quello che sono stato sempre sicuro che non ci fosse. E vaffanculo, questo germe me lo coltivo e me lo godo e così capisco un po’ di più di me e del mondo. Voglio capire, e quando voglio capire già mi basta, già sono disponibile e contento di starci.
L’Italia spensierata è il resoconto del viaggio dello scrittore Francesco Piccolo (E se c’ero dormivo) nei luoghi di massa. Luoghi che un intellettuale dovrebbe disprezzare ed evitare come la peste. Lo studio televisivo di Domenica In, l’autogrill durante il grande esodo, vedere il film di Natale, Mirabilandia, la notte bianca. Ne viene fuori un libro godibilissimo e in certi punti esilarante, che rivela un’empatia che l’intellettuale non dovrebbe mai avere per la massa con i suoi divertimenti di basso profilo e proprio per questo fa sentire le critiche più vere e non portate da sopra un piedistallo.
Da leggere, per capire un pochino più di noi stessi e dei nostri connazionali.
Everyman
È impossibile rifare la realtà , devi prendere le cose come vengono. Tener duro e prendere le cose come vengono.
L’ultimo libro di Philip Roth è nero come l’abisso con cui si confronta l’uomo di fronte al disfacimento del proprio corpo.
Perfetto, ma terribile.
Recensioni più autorevoli e precise ci sono qui qui e qui.
Il cacciatore di aquiloni
Attenzione! Contiene spoiler!
Fin dalle prime pagine de Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini intuisci che è un libro che farà piangere.
Due bambini amici, divisi da status, razza e cultura nell’Afghanistan pre-invasione russa. Il povero è buono fino al masochismo, il ricco è un pochino stronzo, ma, la storia è narrata da lui, sa di esserlo e sa che se ne pentirà .
Per le prime pagine del libro dai una chance all’autore in virtù dello stile scorrevole e della curiosità per così dire etnografica per le usanze di questo paese così martoriato. Poi però ti accorgi di essere capitato in una versione long playing di uno dei famigerati racconti mensili del libro Cuore, dove il cattivo è sempre più cattivo e il buono è sempre più buono. Lo schema è esattamente quello: c’è il Derossi super buono e dotato, osteggiato dal Franti cattivo senza via d’uscita. Tutto visto con gli occhi umani di un Enrico Bottini di Kabul.
Il colmo si raggiunge quando si ritrova il cattivo Talebano sanguinario e pure pedofilo! Sconfitto dal protagonista e dal figlio del buono in un faccia a faccia che ricorda più il duello finale tra James Bond e il genio del male di turno che una realtà drammatica e vivida.
Il caso N’Gustro
Jean-Patrick Manchette è stato uno dei principali e più apprezzati scrittori noir francesi. Il caso N’Gustro è lo scarno romanzo d’esodio datato 1971, ispirato al caso Ben Barka, il leader dell’opposizione marocchina misteriosamente scomparso da Parigi il 29 Ottobre 1965. Di questo romango rimangono impresse soprattutto due cose:
Il ritmo del romanzo che, con giochi di incastri tra i capitoli, segue un andamento sincopato, quasi ad imitare il BeBop.
La figura del protagonista, Henri Bruton, uomo senza qualità , delinquente senza causa e senza successo. Uno sfigato inghiottito in un ingranaggio più grande di lui, ma che non suscita nessuna simpatia nel lettore.
L’amante perfetta
“Non dico che sia un rubacuori, ma è il classico fedele. Sono vent’anni che sta con una ragazza che si chiama Pugnetta.”
“Ecco perché è diventato cieco.”
“Be’, io non sono diventato cieco.”
“Neanche io. Ma forse noi pratichiamo quel tipo di amore con moderazione. Scommetto che il nostro Lewis la sfinisce, la povera Pugnetta.”
George Pelecanos – Strade di sangue